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"Ex madre, una definizione di sé ferocemente stigmatizzata da un'ufficialità burocratica spersonalizzante. Con valore privativo. Indica che la condizione o funzione espressa dal sostantivo stesso è ormai decaduta o cessata. Il titolo è il luogo del piccolo, immane, orrore privativo. Il complemento latino di moto da luogo si esprime con ex + ablativo; ex matre, con piccola lenizione della dentale che da sorda si fa sonora, diventa ex madre. La madre è il luogo del lutto. È da un luogo postumo, da una condizione postuma, che scaturisce questa poesia. Ex madre, perdita del sé più viscerale, perdita dell'identità più radicata nel corpo. Il corpo diventa un guscio svuotato che si confonde con la polvere della terra e aspira al pulviscolo divino. Non dal distacco che si fa stile sublime ma da un'identificazione totale, l'orfanità della madre, col figlio morto, che si fa stile umile, classicamente opposto allo stile sublime. Humilis, della terra, dalla terra, humus. Spesso in questi versi si parla di "occhi rotti", di uno sguardo fisso a terra. Il corpo di chi scrive vi giace, un corpo rotto che cade nella scrittura. La poesia è un corpo sostitutivo, di parole, un corpo ricucito dalla scrittura di una mano estranea, alienata a sé, il corpo in balìa del dolore infinito." (dalla prefazione di Rosaria Lo Russo)